Avevo allora sette anni, quando un giorno mio padre mi disse: domani verrai con me a Brescia a trovare mio cugino,ricordati però ,quando saremo a casa sua di non dire niente su quanto riguarda PROANA! Ma perché questa raccomandazione? Forse perché in casa si parlava spesso del PROANA e del suo comportamento poco lodevole? E perché non si doveva nomarlo al suo cospetto? Ma procediamo con ordine. Questo cugino di mio padre, abitava a Brescia in Contrada del Mangano e si chiamava Fulvio Signaroli ,altro non era che il nipote di Giovanni Signaroli detto PROANA autore di diversi omicidi e di una vita avventurosa. Giovanni Signaroli nasce il 31 Marzo del 1818 suo padre Antonio si era unito in matrimonio con Angela Fontana il 19 Febbraio del 1817 ! Abitavano in via Barbato a Botticino Sera , lavoravano un appezzamento di terreno a mezzadria. Il 4 Febbraio del 1842, Giovanni Signaroli sposa Busi Caterina ,nata il 3 Aprile 1824 e nascono i Oseguenti figli: Pietro Giacomo-20 – 8 -1842—Angela – 10 – 3 -1844 – Pietro – 6 – 1 – 1846 --Maria Luigia – 3 – 10 – 1847- Angelo (padre di Fulvio) – 4 – 5 – 1852 - ! Ora dopo aver presentato l’albero genealogico della discendenza del bandito Proana ,si può procedere a tracciare la sua biografia,che ho potuto attingere da fonti orali e scritte - Orali: la nonna paterna Giacomina nata nel 1881, mio padre benedetto nato nel 1905, scritte don Gallotti in—BOTTICINO NEI SECOLI. Come ho accennato Giovanni Signaroli (detto Proana) nasce a Botticino Sera la cui casata di provenienza era denominata (Sanì); il suo spirito patriottico lo portò a combattere contro gli Austriaci nelle dieci giornate di Brescia, pare che al passaggio del Boifava con quelli di Serle,sopra il Finilazzo ,si trovasse a tagliar legna,incitato dal gruppo a unirsi a loro ,smise di tagliare la legna e posta in spalle la scure senza indugio li seguì nella nobile impresa. Quello che accadde durante le dieci giornate è riportato ampiamente nelle cronache di quei tempi e nei libri di storia; da sottolineare la cattura e l’uccisione di TITO SPERI da parte degli austriaci e la fuga di don PIETRO BOIFAVA (curato di Serle) verso la SVIZZERA dove soggiornò a BRUSIO per un po’ di tempo prima di ritornare a Serle. E del PROANA? E’ qui che comincia la vera storia delle sue scorribande e imprese ladresche,che si svolgevano a Brescia e dintorni. Braccato dai gendarmi si era rifugiato insieme ad altri dieci compagni d’arme in una grotta che si trovava sul versante est del monte Maddalena e di notte scendevano verso San Gallo compiendo furti e uccisioni. Qui voglio soffermarmi a un racconto orale sentito da mio padre: sopra il paese di San Gallo c’era una casa contadina abitata da due vecchi fratelli celibi che si chiamavano Angelo e Andrea; il luogo dove sorgeva questa casa la gente di San Gallo lo chiamava PISCA. Ma perché tale nome? Devi sapere- continua mio padre – che il Proana aveva mplti sostenitori specialmente tra la gente povera, perché parte del maltolto( che portava via ai ricchi) lo regalava a loro e così capitava spesso,quando i gendarmi salivano a San Gallo ,qualcuno di loro saliva su di un albero e cominciava a gridare forte: pisca- pisca- pì… che ripetuto più volte di seguito risultava SCAPI,che tradotto in italiano significava. Scappate.; e così il proana e i suoi compagni riuscivano sempre a svignarsela e a nascondersi nella grotta! Erano armati di archibugi e vecchi fucili ad avancarica ,rubati nelle caserme agli austriaci durante i combattimenti delle dieci giornate. IL proana, e compagni avevano imparato anche a fabbricare la polvere da sparo e non era un segreto perché in seguito i montanari avevano carpito il segreto osservando il Proana nascosto nel bosco che,in un incavo della roccia aveva messo una manciata di carbone,lo pestava con un martello di legno, in seguito tirato fuori dalla bisaccia un cartoccio contenente zolfo e salnitro mescolava il tutto ,ed ecco pronta la polvere nera; polvere che faceva più fumo che danno,tanto è vero che un giorno scendendo verso il paese per le solite scorribande si trovò davanti i gendarmi che gli intimarono l’ALT, lui non si scompose, con una rapida mossa si tolse di spalla il fucile e….sparò un colpo sopra le loro teste l’esplosione provocò un fumo talmente denso che i gendarmi non vedevano a un palmo dal naso,diradato il quale ,la figura del proana era letteralmente scomparsa. Un’altra volta ,mentre si trovava nel bosco a tagliar legna vicino alla sorgente detta BEGHELOGNE,comparvero due gendarmi che per altro non conoscevano il PROANA, chiesero: conoscete voi un tale di nome Proana? Egli franco rispose: si è passato adesso e prese quel sentiero; e indicò loro il sentiero che portava alla casa di Pisca. Mentre questi prendevano il sentiero prese un bastone li stramazzò a terra e poi come un fulmine si dileguò nella fitta boscaglia , Quando fuggì la prima volta dal carcere ,accortosi che i poliziotti lo seguivano,prese la rincorsa e con un salto balzò nel Naviglio e si riparò sull’altra riva e facendo la linguaccia ai poliziotti, se la svignò La seconda fuga avvenne quando si trovava in carcere a Genova; il tubo di scarico della latrina era abbastanza ampio e sfociava in uno specchio d’acqua corrente. Cosa pensò allora PROANA? Pensò di introdursi in quel canale e sboccare nell’acqua. Il colpo riuscì. I compagni che vollero seguirlo, li sorprese una scarica di liquame puzzolente e rimasero soffocati. Quando c’era la neve, per illudere la polizia che lo stava cercando,aveva escogitato un trucco: si adattava ai piedi le scarpe in senso contrario e cioè col tacco verso la punta delle dita e la parte anteriore sotto le calcagna, cosi facendo sfuggì parecchie volte all’arresto. Per queste scorribande in mezzo alla neve si buscò una polmonite che lo costrinse a ritirarsi nella grotta e farsi coprire da strati di foglie secche dai suoi compagni. In due settimane essendo una scorza dura guarì e ricominciò le sue scorribande assieme ai suoi compagni. La cognata del PROANA (Santa Busi) abitava sopra Botticino,aveva sposato Pasqualo dei (PAI) e viveva in povertà,tanto è vero che il parroco di Botticino , don Antonio Segalini saliva fin su alla casa sopra Botticino Sera, di notte in pieno inverno e in mezzo alla neve a portarle sacchetti di farina , per sfamare lei ,il marito e i figli .Il Proana poi quando era preso dai morsi della fame lasciava la sua caverna e scendeva di notte a bussare alla porta della cognata per avere una fetta di polenta. Dopo il 1859 il PROANA ritornò al suo paesello presso la sua famiglia. Ormai vecchio e inabile al lavoro si era ridotto a mendicare o a fare dei piccoli lavori presso i parenti e quando si presentava sotto il portico di qualche casa contadina con il cappello in mano,intonava il suo ritornello cantilenante che diceva: fate la carità al povero PROANA, che ha sempre fatto tutto alla puttana, in tanti anni – ha fatto niente di buono –ma molti danni!
Avelino Busi
Per approfondire
http://www.bresciainvetrina.it/bresciastoria/diecigiornate.htm
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