Gennaio 1985 La nevicata perfetta. Non si può parlare di questo evento eccezionale senza analizzare l’insieme di cause che lo resero possibile. Negli ultimi giorni del 1984 un riscaldamento stratosferico sul Polo Nord ebbe come conseguenza l’unione dell’alta pressione delle Azzorre con l’anticiclone russo siberiano. Senza addentrarci in complicate spiegazioni, il fatto comportò l’inizio di un afflusso di aria gelida verso l’Europa e in particolare verso il Mediterraneo. Il fenomeno, del tutto normale in quella stagione, assunse carattere di eccezionalità nei primi giorni del 1985, quando la persistenza del blocco alto pressorio lanciò a velocità inconsueta un blocco di aria gelidissima direttamente dall’artico russo, e precisamente dal Mare di Kara, verso il mar Mediterraneo. Il 6 gennaio si formò una depressione sul Mare di Corsica e il richiamo caldo da sud si andò a sovrapporre all’aria fredda che aveva ormai conquistato l’intera penisola. La Neve cominciò a cadere copiosamente su tutta l’Italia centro-meridionale, sulla Sardegna, sulla Calabria, sull’Umbria. Resta famosa l’immagine di Papa Woitila che, in una piazza San Pietro insolitamente deserta, la domenica del 6 gennaio, durante la consueta benedizione fa alcune battute ai fedeli spaventati per la neve che cadeva copiosa. La precipitazione fu così abbondante che Milano e altre città del nord inviarono in aiuto i loro mezzi spalaneve, ignari di ciò che li avrebbe aspettati successivamente. Com’era la situazione al nord? Da noi le temperature si erano portate sotto zero a fine dicembre e, i primi giorni dell’anno cominciarono a scendere vistosamente. In tutta la pianura Padana il cielo era sereno e si arrivò velocemente ai -10°, le massime cominciarono a restare sotto lo zero. Quindi giornate definite di ghiaccio. Il 7 gennaio, quando arrivò il proiettile freddo dal Mare di Kara, il cielo fino ad ora sereno, si coprì anche a Botticino e caddero 5 cm di neve con una temperatura variante tra -12° e -7°, alla faccia di chi si ostina a credere che, con le temperature troppo basse non può nevicare. Nei giorni successivi il cielo si rasserenò e la temperatura rimase costantemente sui -12° -13°. Noi eravamo comunque riparati dagli impulsi più gelidi. Nella bassa bresciana, nel parmense, in Emilia, in Veneto si arrivò a -20 e oltre. Firenze arrivò a una minima di -25°. Cominciarono a morire numerosi alberi, a ghiacciare gli acquedotti, i contatori del gas, a scoppiare tubature. Cominciarono a gelare i fiumi e i laghi. A Firenze gelò completamente l’Arno e a Venezia gran parte della laguna. A incidere pesantemente non erano tanto le minime, quanto il fatto che la temperatura media della giornata fosse abbondantemente sotto lo zero e quindi il gelo penetrava in profondità costantemente, giorno e notte. Intanto il continuo afflusso di aria gelida, sia dalla porta della bora, ma soprattutto dalla Valle del Rodano, oltre a portare continue nevicate e record di freddo al centro-sud, andava preparando quella mostruosa depressione che nei giorni successivi avrebbe dato vita alla nevicata perfetta. Cominciò Domenica 13 gennaio verso le ore 19. Piccoli fiocchi su un terreno gelatissimo e la temperature risalita a -2°. La precipitazione si intensificò durante la notte e la neve attecchiva ovunque. Non si perdeva un solo fiocco. La nevicata continuò così, ininterrotta con fiocchi di piccole dimensioni fino alle 18 del lunedì lasciando a terra 28 cm. Il primo impulso era passato e io immaginai che fosse finita. Allora non esisteva ancora la possibilità di consultare i satelliti con il computer. Tutto era affidato alle previsioni del Colonnello Baroni. Non potevo vedere quindi cosa si stava formando alle spalle del primo fronte. Lo si capì durante la notte e soprattutto al mattino, quando la neve ricominciò a cadere, ma si trasformò subito in pioggia. Un intensissimo afflusso caldo, richiamato dal profondo vortice riuscì a vincere completamente lo strato freddo e la pioggia cadeva battente fino oltre i 1000 metri. Quando da noi lo scirocco riesce a scalzare l’aria fredda, per la neve è finita; non avevo mai visto accadere il contrario. A contraddirmi fu un episodio che non dimenticherò mai. Alle ore 13 del martedì stavo andando in ufficio in automobile sotto la pioggia che si mangiava la neve. Ormai quella caduta il lunedì si era ridotta a meno di 20 cm. Guardavo alle mie spalle nel retrovisore la Maddalena e il monte Dragone sui quali pioveva fino in vetta, quando davanti a me vidi avanzare un muro di nebbia fittissima. Da buon meteorologo rimasi allibito: non poteva esistere una situazione simile in quelle condizioni. Infatti la nebbia non esisteva. Dopo pochi secondi il parabrezza fu letteralmente schiaffeggiato da un muro di neve che cadeva in dimensioni e in quantità come mai avevo visto. In un solo chilometro tutto cambiò: non si vedeva più nulla, i tergicristalli non riuscivano a toglierla dal parabrezza. Era successo che l’immensa quantità di freddo accumulato dalla terra e dall’atmosfera questa volta aveva vinto sullo scirocco. La temperatura in pochi minuti scese di 3 gradi e la neve continuò a cadere ininterrottamente. Dopo solo 4 ore, alle 17 fu un’impresa riuscire a liberare l’automobile per tornare a casa. Durante la notte continuò a nevicare intensamente e alle 6 del mattino misurai il nuovo strato. Erano 38 cm che si sommavano ai 20 rimasti del lunedì. L’auto era ormai inservibile e decisi di prendere una giornata di ferie. Volevo documentare fotograficamente l’eccezionale evento. La nevicata continuò imperterrita, dalle 10 alle 14, mentre con giacca a vento e doposci scattavo una bella serie di immagini di Botticino. Ci furono momenti in cui i fiocchi cadevano con diametro superiore ai 5 cm! Avrei voluto raggiungere anche la collina, anche San Gallo, ma fu impossibile. Ormai si affondava per l’intera gamba e gli spostamenti erano per forza limitati. La sera del mercoledì al suolo ci sono altri 20 cm freschi. Andando verso la notte la neve cominciò a cadere mista a pioggia. Al mattino di giovedì infatti erano caduti 27mm di acqua e neve fusa nel pluviometro. Se fosse stata solo neve avrebbe corrisposto a 27 cm invece al suolo ce n’erano 10 cm. Verso le 8 del mattino la precipitazione finì. Calcolare quanta neve sia caduta è difficile perché su questi spessori e soprattutto con un po’ di pioggia di mezzo, il livello di compressione è elevato. Io ho effettuato queste misurazioni. Livello massimo raggiunto dalla neve compressa dal proprio peso al suolo: 72cm Neve misurata a step successivi in una zona che pulivo ogni volta: 28+38+20+10= 96cm Sommando dei parziali non superiori a 12-13cm ogni volta si arriva a circa 105 cm Questo naturalmente a Botticino. Sicuramente a Sangallo l’altezza sarà stata superiore e, a Serle, mi risulta sia stata misurata al suolo un’altezza di 120 cm. Naturalmente la viabilità fu completamente bloccata. Le grandi città cominciarono a piangere sui mezzi che avevano inviato al sud e le altre non furono comunque in grado di affrontare una situazione così imprevedibile ed estesa. Botticino fu forse uno dei paesi privilegiati per un motivo molto semplice. Ai nostri cavatori non parve vero di valorizzare il loro forzato riposo mettendo in funzione ruspe e camion di cava per liberare le strade e gli ingressi. Improvvisate e enormi discariche di neve nacquero ovunque e in alcuni punti i resti perdurarono fino a primavera inoltrata. Per quasi una settimana fu comunque difficile e sconsigliato mettersi in strada perché anche la statale e le altre vie verso la città erano impercorribili. Il mio impaziente desiderio di vedere le fotografie che avevo scattato mi portò a inforcare la bicicletta e ad affrontare l’avventuroso viaggio di andata e ritorno dalla città per svilupparle. Garantisco che fu un’esperienza divertente ma estremamente faticosa. La neve caduta, tra vicissitudini varie, andò giorno per giorno riducendosi al suolo, ma sui prati restò per un periodo lunghissimo. Le ultime tracce scomparvero il primo marzo, dopo più di 45 giorni. Rimasero purtroppo anche parecchi danni materiali: Danni per il gelo, come abbiamo già descritto Danni provocati all’asfalto, ai marciapiedi, ai tombini dai mezzi spalaneve che in quel caos non potevano prestare la solita attenzione. Danni a numerosi tetti e serre che crollarono sotto lo spessore di neve, soprattutto quando questa si appesantì per la pioggia. A Milano crollò il tetto del Vigorelli, il tempio del ciclismo su pista che non fu possibile recuperare e quindi venne abbattuto definitivamente. Rivedremo ancora una situazione così? Certamente, ma nessuno può prevedere quando. Ho già detto in altro articolo che gli eventi eccezionali hanno tempi di ritorno di almeno 50 anni. Sono troppe le caselle che si devono incastrare perché si realizzino. Mi è piaciuto ricordare questo evento a chi l’ha vissuto, a chi era bambino e ha un vago ricordo, a chi è giovane e ama la neve. Mi farebbe piacere lo leggessero anche tanti giovani meteorologi, che nelle rubriche televisive trasformano ogni giorno in sensazionali fenomeni del tutto normali che si ripetono tranquillamente ogni inverno.